Il mio posto: racconto di una cascata

Fine dicembre 2020. Scopro quasi per caso che la sezione SAT di Aldeno, alla quale sono iscritta dal lontano 1996, ha indetto un concorso letterario legato ai racconti dei nostri luoghi. Mi rendo conto che un racconto ce l’ho, è lì da anni ed ha solo bisogno di essere messo nero su bianco. E’ una storia intima e parla di quel legame speciale che può crearsi tra le persone e gli elementi della natura. Una relazione così profonda da rendere un luogo non un semplice posto, ma il proprio posto.

Questa storia racconta del mio speciale rapporto con una cascata, quella che si staglia sulle rocce al di sopra del paese in cui sono nata e cresciuta. A molti è piaciuto ed ha vinto il concorso, per questo desidero pubblicarlo anche tra queste pagine. La condivido anche perché possa essere uno spunto per creare relazioni speciali con la natura e un invito a trovare un proprio luogo.

Questa storia la trovate pubblicata anche qui, a pagina 68.

C’è chi ne ha parlato così: “Ho trovato il tuo testo vibrante, carico di profonde emozioni e scritto con un registro poetico”. -R.M.-

LA CASCATA di Anna Forti

Ancora una volta alzo lo sguardo oltre i tetti delle case, lo lascio scorrere all’altezza del campanile e lo fermo appena al di qua della linea dell’orizzonte, dove, sospesa tra il verde del bosco di fine primavera, riesco a scorgere l’acqua della roggia di Garniga tuffarsi nel vuoto verso Aldeno.

Chiudo il libro di Platone, metto da parte gli appunti e decido che per quel pomeriggio l’esame di filosofia antica non è più una priorità. Recupero invece zaino, borraccia e scarpe da trekking e mi avvio verso il primo incontro ravvicinato con La Cascata.

Complici l’esperienza, un buon senso dell’orientamento e una vaga memoria della gita d’inaugurazione del sentiero del Perch avvenuta quando ancora ero bambina, deduco che il mio percorso debba partire dalla Busa. 

Esco di casa, attraverso il paese ed inizio ad inerpicarmi per la stradina di cemento che in breve tempo mi porta fino al segnavia SAT 631. Lo imbocco con una lieve incertezza, ma con quella gioia che ancora oggi mi coglie tutte le volte che mi dirigo verso l’ignoto e mi immergo in una nuova esplorazione.

Raggiungo una prima cascatella ed indugio un po’ sul ponticello ascoltando il fragore dell’acqua che scorre verso valle, segno che sono sulla strada giusta. Presa quasi da una sorta di euforia, non mi accorgo che furtivo, tra le fronde del grande albero che si erge a ridosso del torrente, uno scoiattolo rosso mi sta osservando: con lui avrò il piacere di un incontro prolungato nelle settimane a seguire.

Proseguo il cammino nel silenzio del bosco, e, dopo una breve sosta sulla ‘bancheta’ in cui guardando il paese dall’alto d’istinto gioco a trovare gli edifici, mi ritrovo finalmente di fronte ad un cartello in legno con indicato: “Cascata – 3 minuti”.

-Eccomi, ci sono!- esclamo tra me e me, svoltando convinta verso sinistra.

Qualche centinaio di passi fermi e mi ritrovo alla fine del sentiero. Di fronte a me, carica dell’acqua delle ultime piogge ed elegante come nessuna forma d’arte umana, La Cascata fa la sua apparizione dall’alto, in un gioco di luci riflesse che si proiettano tutt’intorno. Improvvisamente, mentre il suono dell’acqua che s’infrange sulle rocce più in basso copre la voce del mio pensiero, mi ritrovo completamente assorta nella contemplazione del susseguirsi delle gocce in caduta libera: un flusso continuo eternamente sospeso tra la terra e il cielo. 

Per un arco di tempo del tutto indefinito rimango immersa in quest’esperienza di pura meraviglia, dalla quale mi lascio completamente assorbire, finché, quasi come fosse il cenno che si fa agli imbambolati per riportarli al presente, un soffio di vento deciso tra i rami della tenace roverella che cresce ad un passo da me, mi distoglie da quello stato. 

Con leggero imbarazzo mi accorgo di quel piccolo e coraggioso alberello e della semplice panchina fatta di rami adagiata poco più in basso, sulla quale decido infine di sedermi.

Sorrido: in un attimo il concetto spinoziano di Deus sive Natura, che studierò negli anni seguenti, mi appare limpido come nessun manuale riuscirà mai a spiegare. 

Prima di prendere commiato da quel luogo particolare, alzo ancora una volta lo sguardo verso La Cascata e, con un sommesso cenno di saluto forse simile ad un inchino, decido infine di ripartire.

Da quel giorno la visita alla Cascata diventerà un appuntamento frequente delle mie peregrinazioni naturalistiche, meta preferita di ogni camminata che, partendo da casa, mi porterà verso quell’angolo di mondo che sentirò essere sempre di più ‘il mio posto’. Un ciglio a ridosso di un anfratto naturale scavato dall’acqua: il luogo privilegiato per il mio raccoglimento personale, nel quale dare forma ai migliori pensieri, affrontare momenti di sconforto e celebrare la bellezza del mondo.

Seduta su quella panchina un po’ malandata vedrò le foglie della roverella seccare, cadere e poi germogliare di nuovo, le gocce della Cascata cadere impetuose, rallentare fin quasi a prosciugarsi, bloccarsi immobili in trasparenti stalattiti, sciogliersi gradualmente e ricominciare a fluire. 

La Cascata sarà testimone della mia crescita, delle mie letture e dei miei sogni, consigliera silenziosa e paziente a cui fare ritorno, di cui prendersi cura e di cui provare nostalgia nei periodi di lunga distanza.

Ancora oggi infatti, trascorsi gli anni e pur abitando altrove, passando da Aldeno il mio sguardo sale istintivamente verso l’alto, come alla ricerca della rassicurante presenza di una vecchia amica, di cui si desideri conoscere lo stato di salute. Di quando in quando colgo ancora l’occasione di tornarla a trovare: così risalgo il sentiero del Perch, raggiungo il mio posto sul ciglio e, contemplando La Cascata, provo ogni volta la stessa gioia di sempre.