Nel Giardino di Epicuro

In questi giorni di sguardi sul mondo dalla finestra, il tentativo di identificare dei punti stabili oltre l’orizzonte apre all’incertezza di un futuro oggi più che mai indefinito. E mentre la speranza di un ritorno a ciò che il passato identificava con normalità si scontra con la difficoltà progettuale del presente, i desideri che si accavallano nel disegnare possibili scenari futuri si alimentano della più indistinta confusione.

Che cosa desiderare dunque? O meglio, come desiderare? Una visita alla scuola fondata da Epicuro ad Atene nel 306 a. C. potrà essere ancora d’interesse attuale nel provare a rispondere a queste domande. Mettiamo dunque piede all’interno del ‘Giardino’.

Il ‘Giardino’ fu dunque la scuola filosofica fondata ad Atene da Epicuro di Samo, il quale vi svolse fino alla morte il ruolo di indiscussa autorità intellettuale. Cuore della proposta filosofica di Epicuro fu l’identificazione del Bene Supremo con il piacere. Un piacere di vivere non tanto generato dal godimento dissoluto di ogni possibile elemento di diletto, quanto dal raggiungimento di uno stato di profonda armonia con se stessi, gli altri e la natura. Uno stato privo di turbamento e dolore dovuto ad una gestione saggia dei propri desideri.

Per questa ragione la filosofia di Epicuro può essere definita come una ‘terapia del desiderio‘ (M. Nussbaum), nel suggerire una modalità attraverso cui discernere i piaceri reali da quelli illusori, in modo da evitare di perseguire ciò che infine possa rivelarsi come un danno, fonte di continua preoccupazione o dolore. Secondo Epicuro infatti “nessun piacere è di per se stesso un male: però i mezzi per procurarsi certi piaceri arrecano molti più tormenti che piaceri” (Massime Capitali). Se ciò che desidero è quindi continua fonte di preoccupazione o se nel realizzarlo provoco dei danni a me stesso, quel che sto desiderando è di fatto un male, che mi impedisce di vivere pienamente e con serenità.

Esistono in ogni caso dei desideri che vale sempre la pena di perseguire, i quali, nel loro essere piuttosto semplici da soddisfare, potranno essere garanzia di continuo ed autentico piacere. Questi desideri sono quelli che Epicuro identifica come naturali e necessari quali ad esempio il mangiare, il bere o il ripararsi dal freddo. Non c’è infatti grande turbamento nel procurarsi quanto è essenziale alla vita, per questo essa può proseguire lieta nel puro godimento dell’esserci.

Attingere quindi dalla proposta epicurea per capire come orientare i nostri desideri, può essere un modo per trarre piacere dal presente, qualunque esso sia, e per proiettarci nel futuro consapevoli degli errori del passato. Secondo l’invito dello stesso Epicuro potremo provare così a “fare il domani migliore dell’oggi, imparando a dirigerci verso il nostro limite senza sorpassarlo” (Sentenze vaticane).

Il seguente esercizio spirituale vuole infine essere uno strumento per aiutarci a fare chiarezza nell’orientare i nostri attuali desideri.

Esercizio: Nel Giardino

Dedicando a noi stessi il tempo necessario, grazie anche all’aiuto di carta e penna (o analoghi digitali), proviamo a dare risposta alle seguenti domande:

  • Quali desideri, attività o relazioni ai quali sono stato fin qui abituato, mi hanno provocato (e magari tutt’ora mi provocano) più turbamento e sofferenza di quanto non mi abbiano generato piacere?
  • Quali tra le nuove abitudini che sto di giorno in giorno acquisendo, sono quelle capaci di rendermi in armonia con me stesso e gli altri, al punto da desiderare di continuare a viverle anche in futuro?
  • C’è qualcosa di veramente essenziale di cui sento la mancanza?

Buon lavoro!